Mutuo fondiario nullo se finalizzato ad estinguere pregresse esposizioni debitorie? La tesi della nullità e quella della validità dopo Cass S.U. n. 33719/2022
Sulla natura e validità dei mutui – principalmente ipotecari, ma non solo – contratti per ripianare, totalmente o solo in parte, le pregresse esposizioni debitorie si è più volte espressa la giurisprudenza di merito e di legittimità.
Numerose e variegate, chiaramente, sono state le conseguenze da un punto di vista pratico e giuridico delle soluzioni di volta in volta fornite sul punto.
Invero, due sono i filoni facilmente individuabili, un primo – anche se più isolato – orientato verso la nullità dei mutui così contratti ed un secondo – oramai consolidato – che propende per la loro validità.
Ad oggi, infatti, possiamo dire che la Suprema Corte ha concluso che il mutuo fondiario contratto per estinguere pregresse esposizioni debitorie è valido!
Il percorso giurisprudenziale, tuttavia, non è stato facile né tantomeno lineare.
Fino alla pronuncia a Sezioni Unite del 2022, la giurisprudenza di merito e di legittimità continuava a pronunciarsi oscillando tra una tesi e l’altra, rendendo il dibattito sempre più acceso.
Sulla tesi della nullità del mutuo
Prima della citata pronuncia a Sezioni Unite, come detto, si sono susseguite varie pronunce – sia di merito, sia di legittimità – che sanzionavano con la nullità i mutui contratti per appianare esposizioni debitorie pregresse, per le più disparate ragioni.
L’attenzione in questi casi era rivolta talvolta al difetto di causa, talvolta al difetto del requisito (essenziale del mutuo) della “traditio rei” o ancora sulla possibile simulazione dell’intera operazione, o sul presupposto che tale finanziamento non portava una effettiva disponibilità/liquidità per il mutuatario, o in ultimo per lo scopo dell’operazione.
In ordine al difetto di causa, quanto sanzionato, generalmente atteneva alla condotta delle Banche siccome risultava “evidente” che, nella stipulazione di siffatti mutui, la volontà degli istituti di credito non era quella di stipulare un autonomo contratto di mutuo, ma di costituire una garanzia reale a loro favore.
La Suprema Corte censurava, infatti, il meccanismo mediante il quale la banca sostituiva una garanzia personale su un debito scaduto con un’ipoteca, senza che le somme entrassero nella concreta disponibilità del mutuatario, con conseguente sostanziale svantaggio del soggetto finanziato e – soprattutto – degli altri creditori. (sentenza del 30 agosto 2019, n. 21850; ord. n. 24699/2017)
Così ragionando l’operazione contestata non poteva qualificarsi come mutuo, bensì come “pactum de non petendo ad tempus”, siccome comportava solo una modifica accessoria della precedente obbligazione, senza comportare novazione e addirittura permettendo l’acquisto di una garanzia prima inesistente.
In ordine al requisito della (mancata) traditio, intesa come consegna materiale della somma di denaro dal mutuante al mutuatario, siccome a detta di alcuni l’operazione contestata non comportava una materiale consegna della somma di denaro da un contraente all’altro, questa doveva ritenersi nulla, in quanto, al contrario, la consegna è elemento essenziale del contratto stesso.
E così ragionando si arrivava alla conclusione per cui una tale operazione non potesse ascriversi al contesto del mutuo, ma veniva qualificata come appostamento contabile di somme.
Contestazioni e osservazioni in merito
La tesi della nullità del mutuo contratto per estinguere pregresse esposizioni debitorie è stata nel tempo fortemente contestata.
In linea di principio, negare alle parti la facoltà di stipulare specifici accordi – qualificabili come accordi di ristrutturazione atipici – porterebbe ad una lesione e compressione del principio di libertà negoziale, che impone il rispetto della volontà delle parti.
- In merito alla presunta illiceità della causa.
Sotto il profilo della liceità della causa, è pacificamente riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità che l’operazione di finanziamento con dilazione nel tempo dell’obbligo di pagamento è diretta a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, quindi non si comprende perché dovrebbe essere illecito.
Inoltre, la stipula di un mutuo, anche quando qualificato fondiario, per il ripianamento di una pregressa esposizione debitoria, è pattuizione fondata su causa lecita, in quanto non contraria né alla legge, né all’ordine pubblico. Quindi neppure sotto il profilo prettamente codicistico (per cui ex art. 1343 cc «La causa è illecita quando è contraria a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume») il contratto non potrebbe qualificarsi come illecito.
- In merito allo scopo.
Sotto il profilo dello scopo indicato nel contratto (altra eccezione in alcuni casi sollevata), ossia ripianare passività pregresse, la mera enunciazione, nell’atto di mutuo, della destinazione che il mutuatario intende dare alla somma erogata non è di per sé idonea a fare sussumere la fattispecie in quella del mutuo di scopo.
Per integrare il mutuo di scopo occorre, infatti, che la somma venga erogata al mutuatario esclusivamente ed in maniera vincolante per il raggiungimento di una determinata finalità, condivisa dal mutuante, la quale entra a far parte del sinallagma contrattuale.
Il mutuo fondiario non è qualificato come mutuo di scopo (ex art. 38 TUB per mutuo fondiario si intende “Il credito fondiario ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili.”), quindi in caso di difformità tra lo scopo indicato e l’effettiva attività svolta dal debitore mutuatario tale circostanza non incide sulla validità del contratto. (Cass. n. 9511/07 e Cass. n. 4792/12 “il mutuo fondiario non è mutuo di scopo, non risultando per la relativa validità previsto che la somma erogata dall’istituto mutuante debba essere necessariamente destinata ad una specifica finalità che il mutuatario sia tenuto a perseguire, né l’istituto mutuante deve controllare l’utilizzazione che viene fatta della somma erogata”)
Dunque, il mutuatario (debitore) è libero di scegliere come destinare le somme erogate a mutuo.
- In merito alla mancanza di un effettivo spostamento di denaro.
L’accredito su conto corrente delle somme erogate, garantendo la disponibilità da parte del mutuatario di liquidità, è sufficiente ad integrare la datio rei giuridica propria del mutuo.
La traditio rei è elemento imprescindibile ai fini della validità del contratto di mutuo e questa si verifica tanto nella consegna materiale brevi manu della somma erogata, quanto in altre forme equipollenti, come ad esempio l’accredito in conto corrente.
In questo caso, infatti, si realizza comunque l’accreditamento in conto corrente della somma mutuata e quindi, anche in questo modo, si integra la traditio giuridica necessaria ai fini della validità del contratto.
Qualificare, quindi, questa operazione come “pactum de non petendo” o mera operazione contabile solo per la mancanza di un effettivo spostamento di denaro, non sarebbe, allo stato attuale della giurisprudenza, condivisibile.
La tesi sulla validità del mutuo
Figlia delle considerazioni giurisprudenziali citate è la pronuncia delle Sezioni Unite n. 33719 del 16/11/2022 anticipata da numerose altre statuizioni e, da ultimo, dalla pronuncia della Cassazione del 25/07/2022 n. 23149, che già prendevano le distanze dalle contrarie tesi.
La Suprema Corte, espressamente intervenendo sul dibattito dichiara che “Il mutuo fondiario, inoltre, può essere finalizzato anche a sanare debiti pregressi”.
In linea di principio, quindi, è lecito il contratto di mutuo fondiario stipulato dal mutuatario per sanare debiti pregressi verso la banca mutuante.
Ciò, tuttavia, non esclude le ipotesi di eventuali casi di nullità dello stesso, a determinate condizioni ed in determinate circostanze, al pari di qualsiasi altro contratto; ad esempio, quando un mutuo è contratto in frode dei creditori o quale mezzo anomalo di pagamento.
Ma, in questi casi, il mutuo sarà nullo per queste ragioni e non perché contratto allo scopo di estinguere un debito pregresso.
Questo è il caso, ad esempio, di quando il mutuo contratto cela l’intento – ritenuto illecito – degli istituti di credito di sostituire al debito non garantito (derivante, ad esempio, dai rapporti di conto corrente) un debito garantito da ipoteca di primo grado che accompagna la concessione del mutuo fondiario.
Spesso può accadere che il reale scopo delle Banche sia quello di ridurre le passività dei conti correnti, con l’acquisizione di una garanzia ipotecaria, e ciò rappresenterebbe un’operazione illecita, pertanto, non tutelabile dall’ordinamento giuridico.
Tale mutuo avrebbe, tra l’altro, natura simulata, in quanto la reale volontà dell’istituto di credito sarebbe quella accaparrarsi una garanzia ipotecaria per un debito preesistente e quindi di trasformare un credito chirografario in un credito ipotecario.
Detto mutuo, in questo caso, sarebbe in frode alla legge in quanto avrebbe l’obiettivo di eludere la par condicio creditorum.
Dopo l’erogazione del mutuo, infatti, la posizione del debitore nei confronti della banca mutuante rimarrebbe invariata (siccome riuscirebbe a saldare l’originario debito, ma indebitandosi di sua volta) ma l’originario credito verrebbe munito di garanzie.
Il mutuo, quindi, in casi analoghi sarebbe nullo; ma, come detto, perché celante un intento di una delle parti contraenti (nell’esempio la banca mutuante) di frodare la legge, e non perché finalizzato al consolidamento di debiti pregressi.
In conclusione, anche se in linea di principio un mutuo contratto allo scopo di ripianare precedenti sofferenze non è “solo per questo” invalido, vi sono – come abbiamo visto – una serie di situazioni e circostanze che – se lette nel loro insieme – possono portare all’invalidità dello stesso. Certo è che una buona difesa certamente deve prendere in considerazione la totalità degli aspetti di cui si compone la vicenda e, nel caso, far valere la nullità del mutuo finalizzato a estinguere debiti pregressi nei modi e soprattutto nei tempi prescritti dall’ordinamento.
Avv. Biancamaria Leone de Pertis
(collaboratrice dello Studio D’Ambrosio Borselli presso la Sede di Napoli)
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Avv. Edgardo Diomede d’Ambrosio Borselli
Iscritto “all’Albo Avvocati di Napoli”