Dalla sentenza dichiarativa di fallimento alla liquidazione dell’attivo: breve panoramica di tutti i passaggi cruciali della procedura
Si è già avuto modo di trattare, in precedenti articoli, delle peculiarità della nuova procedura di “liquidazione giudiziale” (ex “fallimento”) delle imprese insolventi, in particolare dei relativi presupposti, delle domande di insinuazione al passivo e della procedura di ammissione, nonché delle funzioni ed attribuzioni del curatore, quale organo della procedura preposto alla gestione dell’impresa (ove prevista) e su cui ricadono le specifiche incombenze previste dalla legge.
Premessi, quindi, gli aspetti peculiari della liquidazione giudiziale, focus del presente articolo è la fase centrale e cruciale della suddetta procedura di “regolazione della crisi e dell’insolvenza” (così come introdotta, nella nuova formulazione, dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – Decreto Legislativo n. 14 del 12.01.2019), ossia la fase procedurale che intercorre tra la sentenza che dichiara l’apertura della liquidazione giudiziale fino al decreto che ne dichiara la cessazione, passando, ovviamente, per quella che probabilmente è la fase cui ogni creditore pone maggiore attenzione, ossia la liquidazione dell’attivo e la successiva ripartizione.
Apertura della liquidazione giudiziale
L’apertura della liquidazione giudiziale, come si è detto, viene dichiarata con sentenza dal Tribunale competente, ai sensi dell’art. 2 lett. m) del C.C.I.I., che si pronuncia in composizione collegiale su istanza dei soggetti indicati dall’art. 40 C.C.I.I., ossia il debitore, un creditore, il pubblico ministero oppure i soggetti che “hanno funzioni di vigilanza e di controllo sull’impresa”.
Sui relativi presupposti, oggettivi e soggettivi, si è ampiamente discusso nel precedente articolo Istanza di fallimento dopo la riforma, cui si rinvia per ogni eventuale approfondimento.
In via di estrema sintesi, perché possa addivenirsi alla suddetta pronuncia il Tribunale dovrà accertare (nella fase “prefallimentare”) che l’ammontare complessivo dei debiti scaduti non sia inferiore ad euro 30.000,00, che si tratti di un’impresa commerciale non minore (considerando impresa minore non soggetta a fallimento, ai sensi dell’art. 2 , comma 1, lettera d quella che ha il possesso congiunto dei seguenti requisiti: “1) un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore; 2) ricavi, in qualunque modo essi risultino, per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore; 3) un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila;”) e che versi in stato di insolvenza, ovvero che ci siano conclamate circostanze tali da poter ritenere che non sia più in grado di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni.
Con la sentenza che dichiara l’apertura della liquidazione giudiziale il Tribunale provvede, altresì, a nominare il Giudice Delegato ed il Curatore (che dovrà accettare l’incarico), oltre, eventualmente, ulteriori professionisti “esperti” per l’esecuzione di specifici compiti, che andranno ad affiancarsi al curatore (art. 49 co. 3 lett. b) C.C.I.I.).
N.B. In tale fase non è detto che debba necessariamente arrestarsi l’attività d’impresa, anzi, se non arreca pregiudizio ai creditori può legittimamente proseguire (già con la sentenza che dichiara l’apertura della liquidazione giudiziale può essere prevista la continuazione – provvisoria – dell’attività d’impresa proprio in considerazione del fatto che l’apertura della procedura non ne comporta l’automatica cessazione).
La prosecuzione dell’attività, quindi, può essere disposta in qualunque fase del procedimento su richiesta del curatore, previo parere favorevole del comitato dei creditori e, comunque, allorché appaia non configgente agli interessi dei creditori.
Accertamento dello stato passivo
A questo punto si apre la fase rivolta all’ “accertamento” dello stato passivo.
Tale fase è caratterizzata da una duplice veste:
da un lato, infatti, è consentito ad un organo della procedura, il Curatore, di interrogare banche dati ed archivi di rapporti finanziari oltre, ovviamente, all’accesso alla documentazione contabile, il tutto al fine di:
- acquisire documentazione contabile in possesso di banche ed intermediari finanziari;
- individuare i debiti;
- “identificare” i creditori (elenco dei clienti e dei fornitori) della procedura ed informarli dell’avvio della stessa;
dall’altro, spetterà solo ed unicamente a questi ultimi, ossia i creditori informati, attivarsi affinché le proprie domande di insinuazione al passivo trovino legittimo ingresso ed accoglimento nella procedura de qua (sul punto si rinvia al precedente e più specifico articolo su “la domanda di insinuazione al passivo”).
Con la citata sentenza di apertura della liquidazione giudiziale viene, altresì, fissata l’udienza per l’esame dello stato passivo.
Si tratta di un’udienza (ma solitamente ne saranno necessarie diverse) in cui il Giudice Delegato “verificherà” (visto il parere del Curatore su ogni domanda) la fondatezza delle domande di insinuazione, ammettendole (anche parzialmente) o meno al passivo.
Esaminate tutte le domande, il Giudice Delegato forma lo stato passivo e lo rende esecutivo con decreto impugnabile ai sensi dell’art. 206 C.C.I.I.
Per approfondimenti si legga Domanda di insinuazione al passivo ex art. 201 C.C.I.I.
Liquidazione dell’attivo
Si aprirà, a questo punto, la fase “liquidatoria” della procedura, quella rivolta alla “monetizzazione” di tutti i beni e le attività dell’impresa.
Il primo passo affinché possa procedersi alla liquidazione dei beni è che tali beni siano “inventariati”. A tal fine la legge stabilisce che il Curatore deve provvedere nel minor tempo possibile a redigere l’inventario.
Il secondo passo è che la procedura, a mezzo del Curatore, prenda possesso di tali beni (per i beni immobili e per i beni mobili registrati il Curatore deve provvedere, senza indugio, alla trascrizione della sentenza di apertura della liquidazione nei relativi registri).
A questo punto sarà necessario predisporre, sempre ad opera del Curatore, un programma di liquidazione che preveda le modalità delle vendite, con particolare riferimento ad eventuali vendite d’azienda, di rami, di beni o rapporti in blocco, crediti, diritti, quote, marchi, etc..
Data la natura estremamente variegata dei beni che possono essere attratti alla massa fallimentare è evidente che, caso per caso, si deciderà sulla relativa modalità di vendita o, comunque, ad utilizzare il bene nel modo più proficuo possibile per la procedura.
Il programma di liquidazione dovrà, poi, essere approvato dal Comitato dei Creditori ed autorizzato dal Giudice ed avviene secondo le modalità previste nel Capo IV del C.C.I.I.
E’ previsto il termine di due anni, dalla data di apertura della procedura, entro cui deve essere completata la liquidazione dell’attivo, tuttavia, è molto frequente, soprattutto in procedure di particolare complessità, che tale termine sia prorogato su richiesta motivata del Curatore.
Ripartizione delle somme
Una volta liquidato l’attivo, si dovrà procedere alla ripartizione delle somme incassate secondo l’ordine di distribuzione di cui all’art. 221 C.C.I.I.:
a) crediti prededucibili;
b) crediti ammessi con prelazione sulle cose vendute;
c) creditori chirografari;
d) crediti postergati.
A dire il vero, il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza prevede che possano effettuarsi delle ripartizioni parziali dell’attivo già nella fase della liquidazione e con cadenza periodica (ogni quattro mesi a decorrere dal decreto di accertamento dello stato passivo o nel diverso termine stabilito dal giudice delegato) (ex art. 220 CCII)
Anzi, si tratta di una attività fortemente auspicata e favorita dal legislatore.
Solo all’esito delle citate ripartizioni (ove previste e, comunque, in misura inferiore al 80% delle somme da ripartire) si provvederà alla ripartizione finale secondo il seguente schema: il curatore provvederà a redigere il rendiconto finale di gestione (ovvero un’esposizione analitica delle operazioni contabili e delle attività compiute nella gestione della procedura) e lo sottoporrà al Giudice Delegato per l’approvazione.
Il predetto rendiconto viene depositato in cancelleria e comunicato ai creditori unitamente al decreto di fissazione dell’udienza di verifica del giudice delegato. Se in tale udienza non sorgono contestazioni il giudice approva il rendiconto con decreto, al contrario fissa un’ulteriore udienza dinanzi al Collegio che provvederà in camera di consiglio (art. 231 co. 4 C.C.I.I.).
Una volta approvato e sempreché non siano sorte contestazioni in merito, si procederà alla liquidazione del compenso al curatore ed alla ripartizione finale delle somme.
Cessazione della procedura di liquidazione giudiziale
Esaurita tale ultima ripartizione, il Tribunale dichiarerà con decreto (motivato) la cessazione della procedura.
N.B. La cessazione della procedura può essere dichiarata anche nel caso in cui:
1. non siano state proposte domande di ammissione al passivo;
2. qualora ogni credito risulti già soddisfatto all’esito delle ripartizioni parziali;
3. nel caso in cui emerga, nel corso della procedura, che questa non sarà in grado di soddisfare, neppure in parte, i crediti concorsuali, i crediti prededucibili e le spese.
Tempi e costi
Come si è avuto modo di accennare, i tempi della procedura non sono facilmente prevedibili, è evidente che maggiore sarà la “dimensione” dell’impresa oggetto della liquidazione giudiziale e, con ogni probabilità, maggiore sarà il tempo necessario alla liquidazione dei beni ed alla ripartizione delle somme incassate. Ovviamente non si tratta di una regola, la diversa celerità della procedura potrà dipendere anche da altri elementi, quali, ad esempio: la mole dei debiti insistenti sull’impresa, la mole dei crediti e l’eventuale necessità di azioni recuperatorie, le contestazioni sorte nell’ambito della procedura, etc.
L’istanza di liquidazione giudiziale, salvo le esenzioni previste dalla legge (ad esempio per i lavoratori), sconta un contributo unificato in misura fissa dell’importo di Euro 98,00, oltre, ovviamente, al pagamento della marca da bollo di Euro 27,00.
A questi, si aggiungono le spese della procedura, il compenso degli esperti e del curatore, eventuali compensi di avvocati nominati dalla procedura per attività di recupero e azioni da promuovere a favore del fallimento, che si inseriscono tutti tra i crediti prededucibili.
Avv. Roberto Solombrino
(collaboratore dello Studio d’Ambrosio Borselli)
Per approfondimenti sulla figura del curatore nella procedura di liquidazione giudiziale si legga Il Curatore nella liquidazione giudiziale.
Per una guida completa al nuovo concordato preventivo: a partire dai suoi presupposti, con finalità e procedura dalla domanda all’omologazione e la differenza fra concordato in continuità e liquidatorio si legga “Nuovo concordato preventivo: presupposti, finalità, procedura”
Per conoscere tutte le modifiche introdotte dalla L.n. 176 del 2020 (anticipatoria del nuovo codice della crisi) alla L.n. 3 del 2012 si legga “Approvato il nuovo sovraindebitamento” o anche “Guida alla riforma del sovraindebitamento: il merito creditizio” ed ancora “Piano del Consumatore e pignoramento: l 14/19 procedura, durata”.
Per approfondire le tre procedure di composizione della crisi e le differenze tra le stesse si legga” Sovraindebitamento: Il Piano del Consumatore, l’Accordo con i Creditori e la Liquidazione del Patrimonio, procedure e differenze” “Guida al Sovraindebitamento: Il Piano del Consumatore, l’Accordo con i Creditori e la Liquidazione del Patrimonio, differenze tra le tre procedure”, “Il piano del consumatore per bloccare il pignoramento immobiliare e salvare casa”, “Documenti per la ristrutturazione dei debiti del consumatore”,
Per approfondire l’eccezionale risultato ottenuto dallo studio che, tra le altre, ha recentemente ottenuto l’omologa di un piano del consumatore proposto in corso di pignoramento, salvando in tal modo la casa del debitore, con il pagamento del solo 37% del mutuo originariamente dovuto in 7 anni da parte sua si legga “Omologato piano del consumatore in corso di pignoramento immobiliare”
Per approfondire la tematica della sospensione della procedura esecutiva a seguito dell’introduzione di una delle procedure previste dalla legge 3/2012 si legga anche “La sospensione dell’esecuzione con l’introduzione della procedura da sovraindebitamento ex L. 3/2012” e “Procedure di esdebitazione e pignoramento immobiliare”
Per approfondire i costi e i tempi delle tre Procedure di Composizione della Crisi da Sovraindebitamento si legga “Sovraindebitamento: tempi e costi delle tre procedure”
Per il tema dell’ammissibilità di una seconda procedura quando sia stata dichiarata inammissibile una procedura nei cinque anni precedenti si legga “Il sovraindebitamento può essere riproposto nel quinquiennio se la domanda era stata dichiarata inammissibile”
Per approfondire il tema del reclamo al collegio esperibile avverso il rigetto del piano si legga “Reclamo al collegio avverso rigetto del Piano del consumatore: termini, costi, poteri del Collegio, in particolare sulla sospensione della procedura esecutiva immobiliare pendente, con provvedimento di sospensione e modello di reclamo”
Chi fosse interessato al nuovo fondo Salvacasa finalmente approvato e che promette ed indica una direzione nuova (e più attenta alla posizione dei debitori esecutati) del nostro legislatore nella gestione dei crediti in sofferenza e delle relative esecuzioni immobiliari legga “Il nuovo fondo Salvacasa! Articolo 7.1 della l. 130/1999 modificato dall’art. 1 comma 445 della l.160/2019: Testo e commento”
Per saperne di più sul pignoramento immobiliare e sulle possibili opzioni a disposizione dei debitori in difficoltà per salvare il proprio immobile si legga anche l’articolo «Pignoramento immobiliare costi e tempi con tutte le modifiche aggiornate- Soluzioni per Salvare casa»
Per saperne di più sul pignoramento immobiliare illegittimo si legga l’articolo “Pignoramento immobiliare illegittimo: cosa fare?”
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Avv. Edgardo Diomede d’Ambrosio Borselli
Iscritto “all’Albo Avvocati di Napoli”